Stampa

Intervista a Vincenzo Castelli

Scritto da Antonio Rizzuto on . Postato in Filosofia dell'arredamento

castelli architetto
Ciao Vincenzo, puoi parlarci un po’ di te?
Sono un architetto, oggi con impegno costante continuo a lavorare per Farm Cultural Park di cui faccio parte sin dalla sua nascita.
Essendo figlio di commerciante, ho sviluppato diversi segmenti imprenditoriali, dal commerciale al food, dall’insegnamento all' accorciare pantaloni per i clienti e prima ancora la vita universitaria fino alla laurea nel 99.
Ma, spesso, la vita ciclicamente ti mette sotto pressione e la cosa più dura da superare  è stata, in un certo momento tragico della mia vita, avere un abbondanza di tempo, troppo tempo a diposizione a cui non ero abituato e che non riuscivo a gestire, nemmeno coi numerosi viaggi e a quel punto ti tuffi nel lavoro, in ciò in cui credi e cioè la tua “professione.”
Quali sono i tuoi principali lavori e riconoscimenti ottenuti in ambito professionale?

Il percorso scolastico più duro sono state le elementari, infatti ancora oggi ne colgo le rovine. Il primo riconoscimento arriva  nel 99: mi laureo, dopo essermi cullato come studente interno di diversi corsi di progettazione, all' università di Palermo. E da lì tante esperienze, apro il mio studio Vima Architetti, collaboro con studi di grande spessore ma il più bel regalo mi arriva grazie a Farm nel 2012 poiché veniamo chiamati ad esporre alla Biennale di Venezia al padiglione Italia tra gli 80 progetti più interessanti.

Qual è il tuo sistema di valori nella progettazione di arredi per la casa?

Nel corso degli anni ho capito che nel progettare uno spazio, sia un ambiente domestico piuttosto che altro, spesso lo spazio entra in tensione con gli arredi cioè il committente ti induce a minare la tua professione, pensando che un progetto vada fatto attorno a un arredo, attorno un bel tavolo o una cucina, invece prima vengono gli spazi esaltandone i punti che più amano i clienti; e per tale motivo, io inizio sempre con una bella cena col committente ritenendo fondamentale l' approccio per capire cosa devo pensare, progettare.

Quali sono i materiali che ami usare negli arredi?

I materiali non sono sempre gli stessi poiché vengono dettati dall’intervento che fai e dove lo fai, se ex novo o ristrutturazione o per tipologia di immobile.

Cosa pensi del sistema a tre blocchi proposto dal nuovo marchio Cucine della Nonna?

Come detto prima, per me lo spazio cucina diventa ed è sempre il nodo centrale di un ambiente partendo la progettazione subito dalla tavola.
Il sistema a tre blocchi come quello da voi proposto ha radici molto lontane; la prima cucina si manifesta con l'addomesticare il fuoco, posto sempre centrale il “focolaio” che entrò nel corso delle varie  epoche dentro e fuori i palazzi, gli alloggi, case, castelli, regge etc. assumendo aspetti sociali e psicologici non indifferenti.
Per non essere lungo, da uno dei segmenti sviluppati si arriva al sistema a tre blocchi ma ciò che non escluderei a priori per rispetto della storia, è la disposizione per es. a parete dei tre blocchi e altre forme di design ma avete fatto tanto e “BENE”..”

Condividi, come dicono alcuni, che Cucine della Nonna può essere definita una cucina all’italiana, che si contrappone come progetto a quella componibile all’americana?

Credo non si possa parlare di contrapposizione, sono lo spazio, il luogo, la luce, l' esperienza dell' uomo, il contesto che stimolano la progettazione “giusta”.

Grazie, abbiamo concluso l’intervista, vuoi chiudere dicendo qualcosa?

Chiudo provocandovi, gli arredi spesso sbagliati, inutili, ripetitivi, sovraffollati come per es. otto Divani, due cucine, tre postazioni, 30 sedie etc., disgregano le famiglie, i rapporti sociali, annullano l’amore; ci si ritrova all’interno di uno spazio domestico alienato ognuno nel proprio spazio.
Concludo raccontandovi cosa mi disse un giorno il mio amico barbiere Roberto B. che aveva un salone di 50mq: lavoravo triste, non riuscivo a socializzare con i clienti, non sentivo le loro parole, pensieri e tutto stava per andare in rovina. Un giorno decisi di chiudere ed aprirmi uno spazio di 16mq, da quel momento la mia vita è cambiata, i miei rapporti con i clienti si sono armonizzati, la vicinanza con gli oggetti e pensare che proprio quell'ampio spazio e i suoi arredi mi stavano rovinando.
La Cucine della Nonna può essere definita “centrale" "sociale" “armonizzata” senza tralasciare mai l'innovazione tecnologica con un occhio ad un pensiero integrato.